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Saturday 28 June 2014

Rain Town - short di Hiroyasu Ishida

  Di "Animenokaze"; (c) 2014:



Davvero bello e degno di nota questo short di Hiroyasu Ishida che seguì il celebre short “La confessione di Fumiko” (Fumiko no Kokuhaku) vincitore del “YouTube Video Awards Japan 2009″ (1,3 milioni di contatti su youtube e 500.000 su Nico Nico Douga) che si era anche meritato un articolo sul Newtype Magazine di Kadokawa Shoten, ottenendo un’entusiastica accoglienza, tra gli altri, da Mamoru Hosoda (La ragazza che saltava nel tempo, Summer Wars, ecc.).


In più si era aggiudicato lo “Student Award of Excellence dei Tokyo Anime Awards”, una menzione speciale al “Festival Internazionale dell’Animazione di Ottawa” e “l’Excellence Prize” del 14mo Festival delle Arti Multimediali (Japan Media Arts Festival) promosso dal governo giapponese.
Tra “La confessione di Fumiko” e “Rain Town” la differenza è abissale anche se esiste un concreto “trait d’union” che altro non è se non “la sperimentazione”.
Nel primo short il tutto ruota su un frangente molto “awkward”. Fumiko, ottenuto da Takashi un rifiuto dopo aver avuto il coraggio di chiedergli di uscire insieme (lui rifiuta perchè vuole concentrarsi solo sul baseball) perde la testa e corre via percorrendo distanze indicibili, con balzi degni del gatto con gli stivali, per ritrovarsi, alla fine, nuovamente di fronte a lui promettendogli di cucinargli del “miso” ogni mattina se uscirà con lei. Risultato? Altro rifiuto dal “baka-Takashi”, con la stessa scusa, e svenimento della pulzella.
Il tutto su sfondi 3D notevoli (realizzati da amici di Ishida) e con una ottima “colonna sonora”.
Hiroyasu Ishida
Rain Town è poesia allo stato puro e mi consola parecchio pensare che autori come Ryutaro Nakamura e Satoshi Kon avranno degni successori.
Questo short a cui Ishida ha lavorato con Shogo Yoshida, in vista della laurea presso il "Dipartimento di Animazione della facoltà di Manga dell’ Università Seika di Kyoto", ha vinto il primo premio in occasione del nono Indipentent Animation Festival a Mitaka, in Giappone, nel 2011.
Rain Town è anche valso ad Ishida un Excellence Award, lo STUDIO4°C Award, e il Ghibli Museum Award in occasione del settimo Kichijoji Animation Film Festival nel 2011.
In una città abbandonata da quasi da tutti i propri abitanti per via di una pioggia inarrestabile, un’anziana signora vive in una casa in cui una stanza è piena di strani oggetti, tra i quali, in particolare, uno cilindrico, basso e largo che mostra degli occhietti come se fosse vivo ed ha un’espressione perplessa.
Una bambina nel proprio impermeabile giallo, dopo aver salutato la madre, lascia la propria casa, attraversando strade e vicoli mentre l’effetto del giallo sui toni grigio azzurro delle ambientazioni si rivela già uno dei primi punti di forza espressivi dello short.
Le strade scorrono veloci intorno a lei e le prospettive sono audaci e ben realizzate. Si nota, anche in questo autore, l’amore per la rappresentazione delle linee elettriche e telefoniche, tema grafico spessissimo toccato dai disegnatori nipponici e che ho visto giungere a livelli estremi ad esempio in “Serial Experiment Lain”. Nel corso del video ho provato una sensazione analoga a quella che avevo vissuto la prima volta che avevo visto “La Confessione di Fumiko”. Con Fumiko mi era subito venuto in mente il celebre “Jumping”, uno dei “13 film sperimentali” di Osamu Tezuka.
Qui, mi è tornato in mente “Tale of a Street Corner” (ancora uno dei 13 sperimentali di Tezuka) pensiero che mi aveva solo sfiorato inconsciamente all’inizio, quando nella stanza della vecchina avevo notato il manifesto de “La Voce del Padrone”.
La bimba incontra uno strano personaggio con la testa tonda come un vaso ed uno strano corpo antropomorfo ma composto di parti cilindriche strette e molto lunghe che contrastano con il largo capo. L’essere è seduto su di una sedia e sembra che aspetti da molto tempo …
Egli studia con circospezione la bimba, lei sembra ricordargli qualcosa, ed intanto in una pozza giacciono altri come lui, immobili, spezzati, ma con gli occhietti aperti.
Treni immobili, come tutto del resto, appaiono testimoni fossili di una attuale esistenza spenta e malinconica. Lui accarezza i capelli di lei, ed il ricordo vola a quando c’era ancora il sole, a quando un’altra bambina, tanto simile a questa, veniva a passare del tempo con lui.
Ma venne la pioggia che non finì più e tutti andarono via, compresa quella bambina che era tornata a trovarlo un’ultima volta con il suo impermeabile rosso, il colore dell’amore.
Mentre è concentrato su questi ricordi, la bambina con l’impermeabile giallo lo tira gioiosamente a sé, sembra che sappia di lui e che voglia condurlo da qualcuno. Però lui cade, e nella sua sottile fragilità, il corpo si spezza lasciando intera la sola testa.
A questo punto riappare il manifesto de “La Voce del Padrone”, ed una chiave d’interpretazione dello short mi si presenta timidamente.
Ci sono altri manifesti sui muri ed il richiamo a Tezuka mi appare ancora più forte.
La bimba si reca, disperata, da una anziana signora, probabilmente la nonna, ed insieme tornano "dall’essere" vittima dell’incidente. La donna indossa un impermeabile rosso …
E’ la bambina che lui non aveva più rivisto. Quella che per tanto tempo aveva atteso. Donna e bambina non possono fare altro che portare via la testa che appare viva e pensante.
Quindi la scena iniziale era, in realtà, una scena finale, in cui la donna anziana nella stanza era la seconda bambina.
Nel mio personalissimo modo di voler intendere il senso di questo short vorrei tornare sul manifesto de “ La Voce del Padrone” perchè vi vedo un nesso con la storia rappresentata.
Mi permetto di fare un indegno copia-incolla da una enciclopedia on-line:

 “Il celebre logo de "La Voce del padrone rappresenta un Jack Russell Terrier intento ad ascoltare i suoni che provengono dalla tromba di un grammofono. Venne concepito e dipinto da un noto pittore londinese, Francis Barraud. Alla morte del fratello Mark, Barraud aveva ricevuto un cane di nome Nipper e un grammofono con molti cilindri su cui era incisa la voce di Mark: pare che Nipper fosse effettivamente solito ascoltare la voce del suo defunto padrone nella posizione ritratta da Barraud.
Il dipinto, intitolato His Master’s Voice, fu acquistato dalla società Gramophone a scopo pubblicitario, e divenne poi il marchio dell’etichetta discografica. A titolo di gratitudine, Barraud ricevette dalla società un lascito pensionistico annuo di circa 30.000 lire, durato fino alla sua morte”. (Wikipedia)
His Master's Voice, di Francis Barraud. Nipper ascolta la voce registrata del padrone defunto.
Tornando a noi, non può scorrere inevaso il rapporto tra la donna ed il triste essere la cui testa giace accanto a lei e la scena del cane che ascolta dal grammofono i cilindri con la voce del padrone morto. Questa doppia forma di contemplazione non può essere casuale e rende lo short ancora più significativo, quasi una novella fiaba del “soldatino di stagno”, dove i due che si fissano “da lontano” sono i protagonisti di cui abbiamo parlato e chi recita il ruolo del cagnolino è lo strano ometto che ha visto morire la prima amica e che vedrà morire la seconda che ha avuto il buon senso di raccogliere nella stanza tutti quegli oggetti che avevano accompagnato la vita in strada "dell’essere", oggetti che saranno i cilindri dai quali la triste testolina senza membra, come Nipper, potrà attingere ai ricordi di ciò che è stato e che, purtroppo, non sarà più.

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